Rivoluzione in fabbrica: “Settimana da 35 ore e aumento di salario”

da Mar 14, 2024Dicono di noi

La richiesta salariale è quella di un aumento medio nel triennio di 280 euro sul trattamento economico minimo. Ma quello che davvero fa la differenza e rende “politicamente e sindacalmente rilevante” la piattaforma per il rinnovo contrattuale dei metalmeccanici è la proposta di ridurre l’orario di lavoro settimanale a 35 ore a parità di salario. Una ipotesi destinata a fare rumore per la potenziale capacità di fare da apripista per altri comparti e a trovare sponde politiche tanto nel Pd quanto nei grillini, ma che i vertici di Fiom, Fim e Uilm puntano a portare a casa non attraverso decreti e nuove leggi, se non di sostegno e incentivazione della contrattazione, ma innanzitutto nella trattativa con Federmeccanica.

Una soluzione che per il leader della Cgil, Maurizio Landini, che va collegata “alla riorganizzazione e alla trasformazione del settore, anche per difendere il lavoro, e alla formazione, che si chiede di rafforzare”. Dunque, ancora una volta, come è accaduto quasi sempre per i rinnovi del contratto collettivo di quella che una volta era considerata l’avanguardia della classe operaia, le tute blu compiono un salto di qualità nella proposta per il 2024-2027, che riguarda più di 1,5 milioni di lavoratori, in vista della scadenza del prossimo 30 giugno dell’attuale accordo.

I capitoli innovativi inseriti nella piattaforma sono molteplici: da quelli retributivi al welfare, alla conciliazione tra vita e lavoro, fino alla regolazione del ricorso all’intelligenza artificiale. In primo piano, però, è soprattutto l’orario di lavoro: “Chiediamo – spiegano – che si avvii una fase di sperimentazione contrattuale con l’obiettivo di raggiungere progressivamente una riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali”. Anche con la sollecitazione al governo “per individuare un idoneo ed efficace strumento legislativo che favorisca la riduzione contrattuale dell’orario anche attraverso le risorse oggi impegnate in ammortizzatori sociali, per favorire un sostegno alla formazione”.

Ma come viene accolta l’iniziativa dei metalmeccanici tra gli addetti ai lavori? “La riduzione dell’orario di lavoro – spiega Maurizio Del Conte, professore di Diritto del lavoro alla Bocconi – è un processo che, senza che vi sia alcuna necessità di un intervento normativo, è già realtà in molte aziende. Ma imporlo a un interno settore, senza tener conto delle grandissime differenze del nostro tessuto imprenditoriale, sarebbe un errore. Sono convinto che i processi di trasformazione organizzativa non debbano essere imposti dall’alto, ma possono essere favoriti dalla diffusione degli esempi virtuosi già realizzati”.

Più confidente nell’iniziativa è Emmanuele Massagli, professore alla Lumsa e presidente della Fondazione Tarantelli: “È certamente da osservare con interesse, ma non dimentichiamoci che, una volta ancora, questa stessa proposta segnala la costante polarizzazione del lavoro nel nostro Paese. Accanto a settori che competono e possono quindi concedere ai propri dipendenti maggiori salari, soluzioni organizzative innovative (gli accordi Luxottica o Lamborghini) o maggiore e migliore welfare (accordi integrativi nel farmaceutico), vi sono anche ambiti merceologici di uguale importanza, caratteristici per l’Italia (commercio, turismo, pubblici esercizi) che ancora arrancano, che faticano a rinnovare i contratti nazionali e che, per tipologia di attività, non possono “smartworkizzare” il lavoro né permettere meno turni a parità di salario”. A meno che non intervengano incentivi fiscali e contributivi.

*Il seguente articolo è stato pubblicato su Quotidiano.net, il 20 febbraio 2024

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