Censis-Eudaimon: il 66,1% dei lavoratori apprezza forme di benessere aziendale

da Mar 19, 2020Rassegna Stampa

Il welfare aziendale fa bene: due lavoratori beneficiari su tre ne riconoscono il contributo tangibile in termini di qualità della vita e benessere.

Si potrebbe riassumere così il bilancio dell’ anno appena trascorso, sintesi di quanto espresso dai numeri e dalla percezione di aziende e lavoratori, secondo il terzo rapporto Censis-Eudaimon recentemente pubblicato.

Già oggi, il 66,1% dei lavoratori che beneficiano di questi servizi dichiara che stanno contribuendo a migliorare la propria qualità della vita: un riconoscimento del valore del welfare che è trasversale ai ruoli svolti nelle imprese, perché a dichiararlo è l’ 89,5% di dirigenti e direttivi, il 60% degli impiegati, il 78,8% di operai ed esecutivi.

Il ruolo e la crescita dello strumento (introdotto nel 2016 con la legge di Stabilità che dava la possibilità alle imprese di convertire premi di produzione in welfare aziendale, legittimandone l’ ingresso dentro le aziende e nella vita dei lavoratori) riscuote grande attenzione dentro e fuori le aziende e diventa materia sempre meno sconosciuta ai lavoratori. Dei 17.300 contratti attivi depositati in modalità telematica al Ministero del Lavoro a novembre 2019, il 52,7% (9.121) prevede misure di welfare aziendale, in crescita del 6,6% rispetto al 46,1% dei contratti al novembre 2018. Per quanto riguarda la contrattazione di secondo livello, nel 2017 il 33% dei contratti prevedeva accordi di welfare aziendale, nel 2018 la percentuale è salita al 38%.

Il 22,9% dei lavoratori dichiara di conoscere bene il welfare aziendale (+5,3% la differenza percentuale rispetto all’ anno scorso): questa quota è composta per il 39,3% da dirigenti e direttivi, per il 23,9% dagli impiegati e per il 14,3% da operai ed esecutivi.

Inoltre, è il 54,4% dei lavoratori italiani a pensare che l’ attivazione di servizi, benefit e prestazioni di welfare aziendale contribuirà nei prossimi anni a migliorare la qualità della vita sul posto di lavoro, il clima aziendale e la soddisfazione dei lavoratori, con percentuali più elevate tra dirigenti (64,3%) e intermedi (56,2%) rispetto ad operai ed esecutivi (45,2%).

Quali sono le aspettative sul futuro?

La natura intrinseca delle aziende è di essere proiettate in avanti e tra 3-5 anni, il 66,1% si vede più tecnologica e digitale oltre che più attenta all’ ambiente e alla sostenibilità (il 39,4%): un numero significativo, che richiama la più generale attenzione che al momento viene posta sul tema e che, nei contesti aziendali, si traduce nello sviluppo di modelli di produzione meno inquinanti e dannosi per l’ ambiente circostante.

Il 21,8% delle imprese ritiene di essere più produttiva ed efficiente: un aspetto che richiama ad una migliore organizzazione e ottimizzazione dei processi di produzione di beni e servizi e per cui le nuove tecnologie possono fare molto, migliorando le performance dei lavoratori.

Il 21,2% delle aziende ritiene che sarà più flessibile, con meno vincoli di orario per i lavoratori. Per il 97,6%, invece, ci sarà un plus di produttività, efficienza e competitività grazie all’ arrivo delle nuove tecnologie, mentre il 97% stima che ci sarà un miglioramento dei contesti aziendali: qualità del lavoro e della vita nel luogo di lavoro, ma anche la sfera della salute e della sicurezza per effetto di una riduzione dei rischi di infortuni per i lavoratori.

Per l’ 85,5% delle imprese si lavorerà di più in modalità remota; questa di certo la grande sfida del welfare aziendale nell’ era post-pandemica.

*Il seguente articolo è stato pubblicato su MF, il 19 marzo 2020

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