Aliquota all’1% sul premio di risultato: tra vantaggio fiscale e impatti su welfare e costo del lavoro

da Ott 28, 2025Studi e approfondimenti

di Silvia Spattini*

 

La riduzione dell’aliquota sostitutiva applicata ai premi di risultato dal 5% all’1% è una delle proposte del Governo per la prossima legge di bilancio (si veda G. Impellizzieri, S. Spattini, M. Tiraboschi, Salari, costo del lavoro, tutela del potere di acquisto dei lavoratori: verso una buona legge di bilancio? in Bollettino ADAPT, n. 35/2025).

La tassazione agevolata sui premi di risultato è stata introdotta dalla legge di bilancio per il 2016 che ha fissato l’aliquota sostitutiva al 10% (art. 1, comma 182, della legge 28 dicembre 2015, n. 208). In deroga a tale disposizione, l’aliquota è stata successivamente ridotta al 5% per il 2023, confermata per il 2024 e, da ultimo, estesa dalla legge di bilancio per il 2025 al triennio 2025-2027. Ora l’intenzione del Governo è quella di ridurla ulteriormente all’1% per gli anni 2026 e 2027, prevedendo, inoltre, l’innalzamento del limite massimo agevolabile da 3.000 a 5.000 euro.

Che effetto produce questa novità sul piano concreto? Ipotizzando un premio di risultato di 1.000 euro, la contribuzione sociale a carico del lavoratore rimane invariata a 91,90 euro. Invariata è pertanto la base imponibile pari a 908,10 euro, determinata dalla differenza tra il lordo del premio e i contributi sociali. Con la riduzione dell’aliquota sostitutiva dal 5% all’1%, l’IRPEF dovuta passerebbe, invece, da 45,41 a 9,08 euro, con un incremento del netto in busta paga di 36,32 euro.

  Premio in denaro
Tassazione 5%
Premio in denaro
Tassazione 1%
Vantaggio tassazione all’1% Conversione in welfare
Importo LORDO 1.000,00 1.000,00   1.000,00
Contributi sociali a carico lavoratore (9,19%) 91,90 91,90 0 0
Importo al netto dei contributi sociali 908,10 908,10 0 0
Tassazione agevolata 45,41 9,08 – 36,32 0
Importo NETTO lavoratore 862,70 899,02 + 36,32 1.000,00
Contributi a carico datore (30%)* 300,00 300,00 0 0
COSTO a carico del datore 1.300,00 1.300,00 0 1.000,00
CUNEO fiscale-contributivo 437,31 400,98 – 36,32 0

*L’aliquota totale a carico del datore di lavoro dipende dal settore e da altri fattori.

Il vantaggio legato alla misura riguarda però unicamente il lavoratore. Per il datore di lavoro, infatti, la riduzione dell’aliquota sostitutiva non determina alcun beneficio: il premio continua a essere integralmente assoggettato a contribuzione sociale.

L’intervento legislativo rischia, inoltre, di spiazzare l’opzione della conversione in welfare del premio di risultato. Se il lavoratore esercita tale facoltà, il vantaggio per il lavoratore consiste nella esclusione del valore convertito dalla formazione del reddito da lavoro dipendente. Tuttavia, con una tassazione del premio in denaro ridotta all’1%, la differenza tra premio monetario e controvalore in welfare tende a ridursi, considerando anche la maggiore flessibilità e fungibilità del denaro.

Una differenza, invero, permane: il premio di risultato in denaro è soggetto a contributi sociali, mentre il corrispondente importo convertito in welfare ne è esente. Se si considera un premio di risultato di 1.000 euro, il lavoratore che opta per il welfare riceve l’intero controvalore in beni e servizi. Chi sceglie il premio monetario ottiene un netto di 899,02 euro. La differenza (nell’esempio di poco meno di 101 euro), che pure permane, risulta dunque più contenuta rispetto al passato, quando la tassazione al 10% o anche al 5% rendeva più evidente il vantaggio della conversione.

Dalla conversione del premio di risultato in welfare, è il datore di lavoro che continua a trarre il maggiore beneficio. Come detto la contribuzione non è dovuta, poiché il valore convertito non costituisce reddito da lavoro dipendente. Ne deriva un risparmio per l’azienda di circa il 30% dell’importo convertito. Al contrario, se il lavoratore decide di ricevere il premio di risultato in denaro, il datore di lavoro deve versare i contributi sociali.

Proprio per questo, negli accordi aziendali sui premi di risultato è ampiamente diffuso il c.d. bonus di conversione, cioè l’attribuzione di una quota integrativa di welfare ai lavoratori che scelgono di convertire il premio, quale incentivo alla welfarizzazione. Nel nuovo scenario fiscale, per mantenere attrattiva la conversione in welfare le imprese dovranno verosimilmente aumentare tale bonus di conversione: oggi mediamente compreso tra il 10% e il 15% (in alcuni casi fino al 20%). Solo la verifica empirica potrà dire se tale espediente sarà sufficiente a compensare l’effetto della riduzione dell’aliquota all’1%.

In conclusione, la riduzione dell’aliquota sostitutiva all’1% produce un beneficio diretto esclusivamente per i lavoratori, mentre non incide sul costo del lavoro sostenuto dalle imprese. L’intervento rischia, inoltre, di indebolire la conversione del premio in welfare, determinando una potenziale riduzione del ricorso a strumenti che, fino ad oggi, hanno concorso sia al contenimento del cuneo contributivo e fiscale sia alla diffusione di misure di benessere organizzativo. Va anche rilevato che l’ulteriore riduzione della tassazione sembra poco funzionale al perseguimento dell’obiettivo originario dello strumento, ossia incentivare una reale correlazione tra retribuzione variabile e incrementi di produttività.

*Il seguente articolo è stato pubblicato su Bollettinoadapt.it il 27 ottobre 2025

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