Premi, cresce la welfarizzazione
di Emmanuele Massagli*
Il 62% degli accordi di produttività depositati al ministero del Lavoro permette la sostituzione del premio in welfare, cosiddetta welfarizzazione del premio di risultato (Mlps, 16 giugno 2025).
Questa percentuale è andata crescendo ogni anno, dal 1° gennaio 2016, quando la legge ha permesso ai dipendenti di poter scegliere se ricevere il premio in moneta o in beni e servizi di welfare. Nello stesso arco temporale, i piani di welfare promossi unilateralmente dalle aziende o concordati con il sindacato, senza alcun legame con i premi, sono cresciuti del 490% (Aiwa, 2023).
Parimenti, sono oggi oltre 40 i Ccnl che, accanto all’integrazione sanitaria e previdenziale, prevedono erogazioni obbligatorie dei flexible benefit, solitamente di importo contenuto (inferiore ai 250 euro annui), ma destinati a oltre tre milioni di lavoratori (Percorsi di secondo welfare, 2024).
Come è evidente, il welfare si è affermato come una delle più dinamiche soluzioni di gestione del personale e di relazioni industriali del nostro Paese.
La prossima legge di Bilancio potrebbe essere un’occasione per un restyling del nucleo della disciplina, a carattere sociale, regolata dall’articolo 51, comma 2, Tuir. La strada giusta per ampliare gli spazi delle soluzioni per la natalità, comprendere la mobilità sostenibile, permettere la cessione del credito welfare a colleghi con esigenze di cura o al Terzo settore, inserire tra i servizi che non generano reddito da lavoro se erogati dall’impresa anche le spese veterinarie, ampliare il “menù” del welfare con le assicurazioni vita.
Il cambiamento della natura del rapporto di lavoro in atto in tutto l’Occidente passa anche dalla valorizzazione del welfare aziendale: un’occasione che il Governo e il Parlamento non possono mancare.
*Il seguente articolo è stato pubblicato su Il 24 Ore, il 25 luglio 2025