Intervento del Presidente Meloni al XIX Congresso nazionale della CGIL

da Mar 23, 2023Studi e approfondimenti

ll Presidente Giorgia Meloni è intervenuta al congresso della Cgil affrontando, tra gli altri temi, anche quello dei fringe benefit. Riportiamo di seguito il discorso intero, con particolare evidenza ai passaggi sul tema.

 

 

 

Buongiorno a tutti.

Ringrazio il Segretario generale Maurizio Landini, ringrazio tutta la CGIL per l’invito. Ringrazio anche chi mi contesta, in alcuni casi anche con slogan, che ho letto dalle agenzie, efficaci: “pensati sgradita”, slogan efficace, anche se non sapevo che Chiara Ferragni fosse una metalmeccanica.

Questo è un appuntamento al quale io non ho voluto rinunciare. E non ho voluto rinunciare, banalmente, in segno di rispetto per un sindacato che è la più antica organizzazione del lavoro della nostra Nazione.

E in coerenza con un percorso di ascolto, di confronto – condivido le parole del segretario Landini – che il governo ha inteso inaugurare e che intende portare avanti.

Questo vostro congresso nazionale è un esercizio di democrazia, un esercizio di partecipazione, che non può lasciare indifferente chi ha responsabilità decisionali a livello politico, come me. E chi come me, aggiungo, provenendo da una lunga esperienza politica, sa anche quanto queste occasioni tengano vivo, dinamico, qualsiasi movimento.

Questa mia presenza ha fatto discutere oggi. Ho letto alcune ricostruzioni che, confesso, mi hanno divertito, in forza delle quali si riteneva che, dopo aver confermato la mia presenza, avrei messo in discussione quella stessa presenza per il timore delle contestazioni, per il timore di essere fischiata. Signori, io vengo fischiata più o meno da quando avevo 16 anni. Sono 30 anni che qualcuno mi fischia, sono “cavaliere al merito” di questa materia. Per cui non mi sottraggo a un contesto sapendo che è un contesto difficile. Non mi spaventa.

Però è molto più profonda la ragione per la quale ho deciso di essere qui oggi. Perché oggi non è un giorno come gli altri. Oggi è il 17 marzo, è la festa dell’Unità nazionale e il giorno in cui si celebra la nascita statutaria della nostra Nazione. E la mia presenza oggi non esprime solo la volontà di colmare quel vuoto – che ho scoperto nel corso di questi giorni – che vede da 27 anni l’assenza del Capo del governo al Congresso della CGIL.

Era “normale” che fosse il Presidente del Consiglio idealmente più lontano dalla platea che ho di fronte a essere qui dopo 27 anni? Io penso di sì. Perché con questa presenza, con questo confronto, con questo dibattito, credo che noi oggi possiamo autenticamente tentare di celebrare l’Unità nazionale.
Perché vedete l’unità non è annullare la contrapposizione. La contrapposizione ha un ruolo positivo, addirittura ha un ruolo educativo per qualsiasi comunità. L’unità è un’altra cosa. L’unità è l’interesse superiore. L’unità è il comune destino che dà un senso alla contrapposizione. Io voglio credere che tutti noi, indipendentemente dalla visione del mondo della quale siamo portatori, se il nostro cuore è sincero, lavoriamo tutti, secondo le nostre differenti condizioni, con lo stesso obiettivo che è il bene della nostra Nazione.

E allora, se lo spirito è questo, il confronto è necessario, fondamentale, inevitabile e utile.

Lo voglio dire con le parole di Argentina Altobelli, figlia del Risorgimento, madre della CGIL, donna anticonformista per il suo modo non di apparire come spesso accade oggi, ma per il suo modo di essere. Diceva: “La mia vita di donna politica è stata guidata dall’amore verso l’umanità, da un orientamento sincero e profondo del pensiero della coscienza”. Se questo è l’approccio, ci sono ottime ragioni per confrontarsi con la schiettezza, con la forza delle idee che ciascuno di noi ha e rivendica legittimamente.

Detto questo, ho letto la relazione del Segretario Landini. A monte ho da dire due cose. I complimenti, soprattutto per la resistenza, anche la tempra di polmoni e di corde vocali: il Segretario Landini confessava di aver parlato per oltre due ore senza neanche bere un bicchiere d’acqua, io non sarei stata in grado. La seconda cosa che ho da dire è che sono contenta di leggere dalla relazione che la CGIL non è un sindacato di opposizione, perché verrebbe da dire “figuriamoci se lo fosse”, nel senso che, in oltre due ore di relazione, non ho praticamente trovato nulla di quello che il governo ha fatto finora su cui la CGIL sia d’accordo, salvo un riferimento al Patto per la terza età.

Ora io non mi permetterò da ospite di parlare due ore in questa manifestazione e quindi non ho il tempo per controbattere alle molte tesi che ovviamente non condivido, e cercherò di concentrare questo intervento sui temi del lavoro e dei diritti dei lavoratori, che sono ovviamente le materie più centrali per un sindacato.

Dunque, partiamo da un dato, anche se voi lo conoscete meglio di me: l’Italia fa registrare un tasso di occupazione storicamente basso e decisamente al di sotto della media europea. Nel 2021 secondo Eurostat è stato pari al 58,2%, oltre 10 punti in meno rispetto alla media europea, con un gap che di anno in anno continua ad aumentare.

La situazione peggiora ulteriormente considerando l’occupazione femminile che nel 2021 non ha raggiunto il 50%, quindi 14 punti in meno sotto la media europea. I salari dei lavoratori italiani sono praticamente bloccati da oltre 30 anni. Il dato scioccante è che l’Italia è l’unico Paese dell’Unione europea che ha salari più bassi rispetto al 1990, quando per intenderci non avevamo neanche i telefonini. Mentre in altre Nazioni, come la Germania e la Francia, ci sono stati incrementi anche del 30%. Significa che c’è un’emergenza, come dice il Segretario Landini? Sì. Significa che le ricette utilizzate finora hanno funzionato? Temo di no. Significa che bisogna immaginare una strada nuova? Io penso di sì.

La strada che non è mai stata intrapresa finora è quella di puntare tutto sulla crescita economica. Perché vedete, noi veniamo da un mondo nel quale spesso ci si è detto che la povertà si poteva abolire con un decreto, che il lavoro si poteva creare per decreto. Oggi ci si dice che per legge si possono garantire salari adeguati. Ma se fosse così, allora dovrebbe essere lo Stato a creare ricchezza, mentre le cose non stanno così e purtroppo noi lo abbiamo visto, perché nonostante i decreti la povertà non è stata abolita, anzi è aumentata.

La ricchezza la creano le aziende con i loro lavoratori. Quello che compete allo Stato è immaginare regole giuste e redistribuire la parte di ricchezza che gli compete. E se questa è la verità, allora la sfida è mettere quelle aziende e quei lavoratori nella condizione migliore per creare una ricchezza che inevitabilmente si riverbererà su tutti.

Per favorire la crescita occupazionale e per aumentare le retribuzioni, io credo che la base sia far ripartire l’economia, sostenere il sistema produttivo, restituire all’Italia anche un po’ di sana fiducia in se stessa, liberare le sue energie migliori.

È esattamente la visione che sta, ad esempio, alla base della riforma fiscale che ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato con una legge delega che a mio avviso è stata un po’ frettolosamente bocciata da alcuni.

Noi lavoriamo per consegnare agli italiani una riforma complessiva del sistema fiscale che migliori l’efficienza della struttura delle imposte, che riduca il carico fiscale, che contrasti adeguatamente l’evasione fiscale con un tax gap che è stabilmente intorno ai 100 miliardi di euro nonostante gli interventi che si sono succeduti nel tempo.

Una riforma che semplifichi gli adempimenti a carico dei contribuenti, che crei un nuovo rapporto di fiducia tra lo Stato e il contribuente. Vogliamo in sostanza usare la leva fiscale come strumento base di promozione alla crescita economica.

È una riforma a mio avviso che guarda con molta attenzione al lavoro, con interventi a favore dei redditi particolarmente medio bassi, con importanti novità per i lavoratori dipendenti e, poiché ne parlo qui per la prima volta perché è stata per l’appunto approvata ieri, vi offro volentieri qualche elemento in più degli obiettivi che ci diamo con la riforma fiscale.

Primo. Una diminuzione progressiva delle aliquote Irpef, che non vuol dire far venire meno la progressività che rimane ma, nella nostra idea, significa ad esempio ampliare sensibilmente lo scaglione di chi rientra nella prima aliquota quella più bassa, per ricomprendere al suo interno molti lavoratori dipendenti.

Secondo. L’introduzione anche per i lavoratori dipendenti come abbiamo fatto per gli autonomi di una tassa piatta agevolata sugli incrementi di salario rispetto agli anni o all’anno precedente: una sostanziale introduzione del riconoscimento del principio del merito perché, per come la vedo io, il merito è l’unico, solo, vero ascensore sociale che esista – chiaramente se accompagnato da pari condizioni di partenza di eguaglianza nel punto di partenza. Penso che sia giusto riconoscere il valore di chi in un momento difficile si rimbocca le maniche, produce di più, lavora di più.

Terzo. Vogliamo rendere interamente deducibili per lavoratori e datori di lavoro benefici come trasporto pubblico, istruzione, asilo nido, che vengono dati ai lavoratori dipendenti e vogliamo elevare il tetto di quello che si chiama fringe benefit – ma secondo me si chiama beneficio marginale – e renderlo monetizzabile in determinate circostanze, ad esempio nel caso della nascita di un figlio.

Quarto. Vogliamo che i contributi del lavoratore agli enti bilaterali siano deducibili e vogliamo detassare le iniziative di solidarietà degli enti bilaterali stessi a favore dei lavoratori.

Quinto. Vogliamo allineare i lavoratori dipendenti ai pensionati sulla no tax area sul livello più alto che attualmente è quello dei pensionati.

Sesto. Vogliamo abbassare gradualmente l’Ires, intervento che si rende necessario nel momento in cui entrerà in vigore la Global minimum Tax al 15%, chiaramente per non penalizzare la competitività delle nostre imprese a livello globale ma non per tutte le società. Noi vogliamo abbassarla per quelle che investono e assumono a tempo indeterminato in Italia, mentre quelle che fanno elevati ricavi senza creare ricchezza e occupazione in Italia possono continuare a pagare il 24%. Il principio che io vorrei cercare di realizzare, che il Governo vorrebbe cercare di realizzare, è più assumi meno tasse paghi.

Settimo. Vogliamo un rapporto completamente diverso tra fisco e contribuente. Un rapporto che offra al contribuente, oltre alla necessaria semplificazione dei processi, maggiori garanzie contro uno Stato che molto spesso è sembrato vessatorio. Questo non significa tollerare l’evasione fiscale, come ho sentito dire, perché noi metteremo finalmente in rete le banche dati per combattere l’evasione, significa però non confondere l’evasione fiscale con la caccia al gettito che molto spesso lo Stato italiano ha fatto negli ultimi anni.

Insomma, anche la riforma fiscale è una riforma che si concentra soprattutto sui più fragili, sul ceto medio, come abbiamo già fatto con la Legge di Bilancio con la quale il Governo, pur con le limitate risorse che aveva a disposizione soprattutto a causa del caro energia, ha voluto dare un segnale particolarmente ai redditi più bassi con interventi a tutela del potere di acquisto di famiglia e lavoratori, con l’innalzamento delle pensioni più basse, con il rinnovo del taglio di due punti percentuali del cuneo fiscale – che il precedente governo aveva previsto terminasse lo scorso 31 dicembre – e con l’aggiunta di un ulteriore taglio del cuneo fiscale particolarmente sui salari più bassi.

Così come ieri abbiamo raggiunto un altro importante obiettivo – confido che su questo saremo d’accordo – modificando la destinazione di 300 milioni di euro che erano destinati a progetti vari per offrire il più significativo aumento di stipendio per un milione e duecentomila dipendenti della scuola per dare una prima risposta di dignità a lavoratori fondamentali del nostro sistema che hanno oggettivamente dei salari inadeguati.

Sono scelte che rivendichiamo con orgoglio, consapevoli del fatto che si tratta dei primi passi verso l’obiettivo di garantire retribuzioni dignitose, retribuzioni che siano adeguate al lavoro svolto e al contesto socio-economico nel quale ci troviamo.

Voglio ribadire anche a voi con la stessa chiarezza, come ho già fatto in Parlamento qualche giorno fa, che per raggiungere questo obiettivo in una Nazione come l’Italia caratterizzata da una elevata copertura della contrattazione collettiva e da un elevato tasso di lavoro irregolare, io credo che l’introduzione del salario minimo legale non sia la strada più efficace, per una ragione semplice perché io temo il rischio che la fissazione per legge di un salario minimo diventi non una tutela aggiuntiva rispetto a quelle garantite dalla contrattazione collettiva, ma una tutela sostitutiva e questo – per come la vedo io – finirebbe per fare un altro grande favore alle grandi concentrazioni economiche che hanno come obiettivo quello di rivedere al ribasso i diritti dei lavoratori.

Io credo che la strada più efficace sia estendere i contratti collettivi ai settori non coperti, allargando così la platea dei tutelati, combattere i contratti pirata, potenziare l’attività di contrasto al lavoro irregolare, intervenire per ridurre il carico fiscale sul lavoro, perché il nostro obiettivo di legislatura rimane un taglio del cuneo fiscale decisamente più significativo di quello che vediamo oggi.

E a proposito dell’allargamento della platea dei tutelati, il Segretario Landini ha affermato nella sua relazione che il sindacato deve aprirsi e allargare la rappresentanza a tutte le forme di lavoro –subordinato, autonomo, partite IVA -, che bisogna affermare, in sostanza, il principio “stesso lavoro, stessi diritti”. Sono d’accordo, sono d’accordo da sempre. Da sempre penso che il lavoro sia lavoro a prescindere dal contratto, che non ci debbano essere lavoratori di serie A e lavoratori di serie B, lavoratori che meritano la tutela sindacale e altri che invece non la meritano.

E allora forse uno dei grandi temi sui quali possiamo provare a lavorare insieme è un sistema di ammortizzatori sociali universale che tuteli nello stesso modo chi perde il posto di lavoro, sia questo dipendente, autonomo o cosiddetto atipico, cioè dare a tutti le migliori garanzie possibili ma che siano le stesse, non costruire una cittadella di garantiti impermeabile a chi rimane fuori.

L’attenzione a tutte le forme di lavoro era la grande sfida anche della Legge Biagi, lo voglio ricordare perché tra due giorni ricorrerà l’anniversario dell’assassinio da parte delle Brigate Rosse di Marco Biagi, di un uomo che ha pagato con la vita il suo contributo per riformare il mondo del lavoro, nello stesso agone nel quale tutti voi siete quotidianamente impegnati.

E lo dico qui perché il sindacato è sempre stato impegnato nella lotta al terrorismo politico
e ha per questo anche pagato un prezzo molto caro lungo la sua storia.

Noi pensavamo che il tempo della contrapposizione ideologica, feroce, fosse dietro le nostre spalle, invece in questi mesi, purtroppo, a me pare che siano sempre più frequenti i segnali di un ritorno alla violenza politica: lo abbiamo visto con l’inaccettabile assalto da parte di esponenti di estrema destra alla sede della CGIL, lo ritroviamo nelle minacce di movimenti anarchici che si rifanno alle Brigate Rosse. Penso che sia importante, penso che sia necessario che tutte le forze politiche, i sindacati, i corpi intermedi combattano insieme contro questa deriva, senza eccezioni, senza tentennamenti, perché la crisi sociale non ci aiuta e non ci aiuta neanche la crisi di una politica che è sempre tentata dalla strada facile di inseguire l’umore piuttosto che di indicare una rotta assumendosene le responsabilità.

È certamente compito di qualsiasi governo assumersi la responsabilità di operare delle scelte ed è quello che noi abbiamo tentato di fare, è quello che cerchiamo di fare ogni giorno, è quello che abbiamo ad esempio tentato di fare, nonostante le critiche, anche del sindacato, quando abbiamo deciso quella che io considero una doverosa abolizione del reddito di cittadinanza per chi è in grado di lavorare. Voglio rispondere al Segretario Landini che nella sua relazione chiedeva provocatoriamente “che gli hanno fatto i poveri al governo?”. Non ci hanno fatto niente, è esattamente per questo che non vogliamo mantenerli nella loro condizione di povertà come purtroppo ha fatto il reddito di cittadinanza. È per questo che vogliamo offrire loro la possibilità di uscire da quella condizione e l’unico modo che io conosco per uscire da quella condizione è il lavoro.
Voglio farla anche io una domanda. Atteso che neanche nell’idea iniziale del MoVimento 5 Stelle il reddito di cittadinanza era stato previsto come una specie di vitalizio – era previsto come uno strumento transitorio -, c’è gente che l’ha preso per tre anni e che oggi si ritrova esattamente nella condizione di partenza. La domanda che ho da fare è: un ragazzo di 30 anni che prende il reddito di cittadinanza per 3 anni, senza per questo e attraverso questo strumento transitorio migliorare la sua condizione formativa, migliorare la sua condizione di lavoro, a 33 anni – dopo tre anni – è più ricco o è più povero?

Vedete, il reddito di cittadinanza è una misura che ha fallito gli obiettivi per i quali era nata perché c’era a monte un errore, dal mio punto di vista. E quell’errore era mettere nello stesso calderone chi poteva lavorare e chi non poteva farlo, offrendo a tutti la stessa risposta, sovrapponendo e confondendo gli strumenti di contrasto alla povertà, gli strumenti di assistenza, con le politiche attive del lavoro, con il risultato di disincentivare l’offerta di lavoro e di favorire il lavoro irregolare.

E guardate, io sinceramente penso che non esista platea più adeguata per dirlo, ma io non credo che chi è in grado di lavorare debba essere mantenuto dallo Stato con i proventi delle tasse di chi lavora duramente percependo spesso poco più di chi prende il reddito di cittadinanza. Credo che la strada sia un’altra. Anche qui, noi intendiamo continuare a tutelare chi non è in grado di lavorare – pensionati in difficoltà, famiglie prive di reddito con minori a carico, over 60 che hanno perso il lavoro, invalidi -, ma per chi può lavorare la soluzione è proporre posti di lavoro dignitosi – ed è quello a cui stiamo lavorando per fare – o inserire queste persone in percorsi di formazione, anche con un minimo di retribuzione durante la formazione, in settori nei quali è richiesta la manodopera.

E  io confido che sempre di più nei prossimi mesi e nei prossimi anni possano aprirsi opportunità anche in settori nuovi che siano legati a chiare scelte strategiche di sviluppo che stiamo cercando di mettere in campo perché, anche qui sono d’accordo con Landini quando dice che c’è stata in passato un’assenza di chiare scelte di politica industriale e una mancanza di visione che inevitabilmente ha frenato la nostra crescita economica e che ha reso l’Italia troppo dipendente all’estero in molti settori che erano anche strategici.

Noi stiamo cercando di invertire questa tendenza, con indirizzi il più possibile chiari su quali debba essere il ruolo di questa Nazione nell’attuale contesto globale. Penso al lavoro che stiamo facendo, ne abbiamo parlato in uno dei nostri incontri con la CGIL, per realizzare l’obiettivo di trasformare l’Italia nell’Hub di approvvigionamento energetico d’Europa, investendo nel Mediterraneo allargato, particolarmente con quello che chiamiamo Piano Mattei, un modello di cooperazione non predatoria per creare catene del valore prossime e per aiutare i Paesi africani a vivere bene anche grazie alle risorse delle quali dispongono. Perché questa rimane a mio avviso la più seria, strutturale e umana risposta anche al tema delle migrazioni.

Ma se in passato non c’è stata una chiara scelta di politica industriale, io penso sia accaduto anche perché una politica che aveva un orizzonte breve non aveva interesse ad andare con lo sguardo oltre quell’orizzonte. Una politica industriale di lungo periodo non può essere accompagnata da governi che durano qualche mese, mi pare che questo sia evidente a tutti. E noi non ci rendiamo conto di quanto abbiamo pagato in questi anni la nostra instabilità politica, quanto abbiamo pagato in termini di affidabilità a livello internazionale, di credibilità verso chi voleva magari investire da noi, in termini di concentrazione delle energie e delle risorse su grandi obiettivi strategici.

E questa è la ragione per la quale io continuo a essere certa che una riforma in senso presidenzialista, o comunque un’elezione diretta del vertice dell’esecutivo nelle forme che il Parlamento riterrà, sia per rispetto della volontà popolare e quindi per rapporto completamente diverso tra i cittadini e le istituzioni, ma anche per stabilità, una delle più potenti misure di sviluppo che possiamo immaginare per questa Nazione.

Tra i temi trattati dal Segretario Landini nella sua relazione ce ne sono diversi che stanno particolarmente a cuore al governo.
La dignità degli anziani. Abbiamo varato, come è stato ricordato, il “Patto per la terza età”, un disegno di legge delega che pone le basi di una riforma strutturale delle politiche in favore degli anziani e contro la loro marginalizzazione, contro la loro solitudine. È stata approvata in uno dei due rami del Parlamento senza alcun voto contrario e il nostro obiettivo è approvarla definitivamente entro il 31 marzo. Sono d’accordo sul fatto che vada accompagnata da risorse adeguate.

C’è poi il tema della natalità, i cui i dati ci raccontano che noi stiamo affrontando non un inverno demografico, noi siamo affrontando una glaciazione demografica. E per affrontare questo problema, che è il nostro PIL demografico, che sono gli anni di futuro che abbiamo davanti, che è un tema di welfare, come voi sapete benissimo, perché con una popolazione che continua a invecchiare noi rischiamo di avere sempre più persone da mantenere e sempre meno persone che lavorano per mantenerle, io penso che la sfida sia quella di un piano imponente, economico ma anche culturale, per rilanciare la centralità della famiglia, che è elemento fondamentale nella creazione di ogni società, partendo proprio dal sostegno al lavoro femminile, dall’incentivo alle imprese che assumono donne, che assumono neomamme, dal sostegno agli strumenti di conciliazione dei tempi casa-lavoro e da una tassazione che torni a tenere conto della composizione del nucleo familiare.

Così come credo che vada data una risposta forte all’aspirazione delle giovani coppie a mettere su famiglia, anche aiutandole ad acquistare casa. Anche qui sulla legge di bilancio noi abbiamo voluto dare alcuni primi segnali: penso all’aumento del 50% dell’assegno unico per i figli per il primo anno e per i primi tre anni per le famiglie numerose; penso a un primo intervento che abbiamo realizzato sul tema del congedo parentale; penso alla scelta di rinnovare gli interventi agevolativi in favore delle coppie per l’acquisto della prima casa; penso anche alla scelta che abbiamo fatto – non so perché nessuno ci avesse pensato prima – di prevedere il diritto per chiunque abbia un mutuo a tasso variabile di convertirlo in mutuo a tasso fisso.

C’è certo ancora moltissimo da fare, ma su questo la nostra concentrazione è massima, come lo è in tema di contrasto alla violenza contro le donne – anche altro tema che è stato richiamato dal Segretario Landini -, una piaga che è molto, molto lontana purtroppo dall’essere sconfitta.

Sono temi sui quali le Istituzioni, la politica, il sindacato dovrebbero fare gioco di squadra. Io sono pronta – lo ribadisco – a fare la mia parte. Su alcune cose anzi sarà più facile trovare condivisione, su molte altre sarà – immagino – parecchio difficile, ma questo non vuol dire che non si debba tentare.

All’esito di un confronto con i Ministri ieri, io ho contato oltre 20 incontri del governo con i sindacati in 20 settimane di governo. A differenza del Segretario Landini io non considero finto questo confronto, altrimenti non avrei alcuna ragione di perderci tempo. Lo considero produttivo. Lo considero produttivo anche quando non siamo d’accordo, banalmente perché, come dicevo in apertura – e concludo -, se il nostro approccio è sincero io posso sempre imparare anche da chi è molto distante da me. Bisogna avere l’umiltà di non partire da un pregiudizio, e io non intendo partire da alcun pregiudizio, banalmente perché mia responsabilità rappresentare tutti gli italiani.

Allora nel giorno dell’Unità d’Italia, nel giorno della Costituzione, dell’inno, della bandiera, io voglio dire: rivendicate senza sconti le vostre istanze nei confronti del governo. A volte saremo d’accordo, riusciremo a fare cose insieme, a volte non saremo d’accordo, ma io vi garantisco che quelle istanze troveranno sempre un ascolto serio e privo di pregiudizi, perché questo è l’impegno che mi sono presa nei confronti di tutti gli italiani ed è l’impegno, uno dei tanti, che intendo portare avanti.

Grazie.

Pubblicato su Governo.it

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