Voucher-welfare, Iva all’emissione solo se la prestazione è certa

da Set 11, 2020Rassegna Stampa

di Gianpaolo Sbaraglia, Gabriele Sepio*

Welfare aziendale, il voucher sconta l’Iva all’emissione solo se la prestazione è certa. Questo è quanto emerge dalla risposta 338 resa il 10 settembre dall’Agenzia delle Entrate.

Nel dettaglio, il chiarimento dell’amministrazione trae origine da un complesso quesito posto da un provider operante nel welfare aziendale.

L’istante rappresenta di aver messo a disposizione di una società del medesimo gruppo una piattaforma attraverso la quale i suoi dipendenti scelgono i servizi welfare. In particolare il provider avrà il compito di acquistare i servizi anche attraverso specifiche convenzioni con i fornitori tramite mandato senza rappresentanza conferito dalla stessa società del gruppo. Il dipendente, una volta scelto il servizio welfare, per il tramite della piattaforma riceverà un voucher da presentare ai vari fornitori. L’emissione del predetto titolo e il relativo trattamento fiscale costituisce il tema principale della risposta in commento.

Dal punto di vista delle imposte dirette, l’amministrazione ricorda che la norma consente di assegnare prestazioni welfare anche mediante documento di legittimazione (articolo 51, comma 3-bis, Tuir). In tal caso il titolo dovrà presentare alcune caratteristiche.

Prima di tutto, non deve essere assimilato al denaro, ma piuttosto dovrà qualificarsi come titolo rappresentativo di una specifica utilità (nella fattispecie il servizio scelto dal dipendente). Il documento in questione, altresì, deve dare diritto a un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale. Questo vuol dire che deve esservi una esatta corrispondenza tra il valore indicato nel voucher di legittimazione e quello della prestazione offerta.

Stando, dunque, alla impostazione fornita dall’amministrazione il voucher welfare (disciplinato dal decreto ministeriale 25 marzo 2016) consente al dipendente di rimanere estraneo al rapporto economico che intercorre tra l’azienda, datore di lavoro, e il terzo erogatore del servizio. Solo laddove fossero rispettate tali caratteristiche il buono emesso dall’istante risponderebbe alle prerogative richieste dal legislatore e, dunque, scatterebbe, per il lavoratore, il regime di esenzione riservato alle opere e servizi aventi finalità sociale (articolo 51, comma 2, lettera f, del Tuir).

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continua a leggere su Il Sole 24 Ore dell’11 settembre 2020

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