Welfare aziendale e Terzo Settore: opportunità (anche) in situazioni emergenziali?

da Giu 17, 2020Dicono di noi, Rassegna Stampa

I servizi e le prestazioni destinati ai lavoratori possono diventare un importante volàno per l’economia cooperativa, che si trova però di fronte a tante sfide, vecchie e nuove, su cui occorre attenzione.

di Franca Maino*

Rivista Solidea, pubblicazione curata dall’omonima Società di Mutuo Soccorso, ha dedicato un numero speciale tema del welfare aziendale e alle sue dimensioni territoriali e comunitarie. Il numero è direttamente collegato al progetto Mutualismo, innovazione e coesione sociale. Secondo welfare… Per primi!“, iniziativa che vede la collaborazione di una vasta rete di partner, tra cui anche il nostro Laboratorio, e che si inserisce nella strategia WeCaRe della Regione Piemonte. Di seguito vi proponiamo l’articolo in cui Franca Maino, direttrice di Percorsi di secondo welfare, analizza le opportunità che il welfare aziendale può generare per il mondo del Terzo Settore – e in particolare per quello dell’imprenditoria sociale – portando come esempio il caso del Gruppo Cooperativo CGM.


Introduzione 

Nell’arco di pochi anni, in Italia, è andato sviluppandosi un vero e proprio mercato del welfare aziendale fatto di società di consulenza, società di servizi, società provider (Razetti e Santoni 2019), che hanno visto in questo ambito un’opportunità di investimento e al contempo un’occasione per ripensare la propria offerta di prestazioni, in molti casi prestando anche attenzione alla dimensione sociale In merito AIWA, l’associazione che in Italia riunisce 18 tra i principali operatori di welfare aziendale, stima che il valore del mercato relativo ai soli provider sia pari a 7 miliardi di euro.

In questo mercato hanno trovato spazio anche enti del Terzo settore (in particolare cooperative e imprese sociali), che non solo mettono a disposizione servizi sociali, destinati alle persone e alle famiglie, alimentando le piattaforme di welfare aziendale, ma sono in grado di fornire alle imprese anche tutto il processo di infrastrutturazione operativa e tecnologica per la predisposizione di un piano di welfare. La loro presenza ha portato molti ad interrogarsi in merito alle opportunità e alle sfide che il welfare aziendale apre per il mondo cooperativo, in particolare dal punto di vista dell’imprenditorialità sociale.

I servizi e le prestazioni destinati ai lavoratori possono infatti diventare un importante volàno per l’economia cooperativa, in particolare per quella che opera nel sociale. Il potenziale del welfare aziendale per le imprese sociali riguarda due fronti: nel primo gli ETS sono intercettati dalle società provider e inclusi, in quanto erogatori di servizi, nelle piattaforme di welfare. Nel secondo si trovano ad intermediare la domanda di prestazioni e benefit che proviene dalle aziende profit ma anche dallo stesso mondo cooperativo, che sempre più si pone il problema di come tutelare i propri soci e collaboratori e accrescerne il benessere personale e lavorativo.


Welfare aziendale e Terzo settore tra nuove opportunità e sfide da raccogliere

Le imprese sociali (singolarmente o raggruppate in consorzi) hanno quindi la possibilità di assumere un triplice ruolo nel mercato del welfare aziendale: possono essere (anche contemporaneamente) erogatrici, beneficiarie e intermediarie di prestazioni di welfare aziendale (figura 1). Quando questo avviene si accrescono le opportunità di sviluppo e investimento (che, a loro volta, possono passare attraverso partnership con provider di servizi di welfare e/o con società di consulenza private), contribuendo a generare un’economia attenta al bene comune e alla reciprocità (cfr. Zamagni 2007, Bruni e Zamagni 2015).

Tale economia può svilupparsi perché gli attori del Terzo settore hanno qualità intrinseche che possono rivelarsi decisive nell’ambito del welfare aziendale e più in generale nel cosiddetto terziario sociale (cfr. Pavolini 2016; Maino, Barazzetta e Santoni 2019). In primo luogo, il mondo cooperativo si distingue per la capacità, in risposta a criticità e bisogni sociali complessi, di offrire servizi ad alta intensità professionale, fornire una lettura dei bisogni, accompagnare e prendere in carico soggetti fragili, alimentando un rapporto di fiducia con la controparte. Con riferimento al welfare occupazionale questo permette loro di integrare le piattaforme con la possibilità di “accompagnare” le scelte delle imprese, dei lavoratori e delle loro famiglie proponendo piani di welfare personalizzati e dando centralità alla componente sociale del welfare aziendale (tema di cui parla anche Elisabetta Cibinel nello stesso numero della Rivista).

Figura 1. ETS ed imprese sociali nel mercato del welfare aziendale

Fonte: elaborazione dell’autrice.

In secondo luogo, grazie a quelli che sono i valori di fondo del mondo cooperativo (cura dell’altro, assistenza, mutualismo, logica della condivisione), viene riservata una particolare attenzione alla cura della persona, che si può tradurre in una maggiore capacità di risposta alle esigenze di lavoratori e lavoratrici. In terzo luogo, cooperative e imprese sociali possono rivelarsi un partner strategico dentro reti multi-attore perché sono abituate a operare in partnership e in molti casi contano su reti pre-esistenti e già sperimentate che possono diventare “contenitori” nuovi per lanciare piani di welfare condivisi o per aggregare un’offerta di servizi che sia plurale ma al contempo sappia valorizzare la storia e le competenze delle singole cooperative. A maggior ragione se una cooperativa o un’impresa sociale sono già parte di un consorzio: questo favorisce la contaminazione e lo scambio di esperienze e può portare alla definizione di un pacchetto condiviso di servizi, oltre a rivelarsi in molti casi fonte di dinamismo e di sollecitazioni a migliorarsi anche sotto il profilo dell’imprenditorialità.

Infine, la funzione sociale di cooperative e imprese sociali può agire come fattore di traino per il ripensamento di modelli di welfare che siano plurali, sostenibili e territoriali, favorendo processi di integrazione tra pubblico e privato. Co-progettando e co-producendo piani di welfare aziendale, cooperative e imprese sociali concorrono, da un lato, a garantire (spesso ampliandolo) un insieme di servizi alla persona che oggi rischierebbe di venire meno in connessione con la crisi del welfare state e, dall’altro, a orientare e canalizzare le risorse dentro un sistema di promozione sociale in cui l’ente pubblico non scompare ma – al contrario – assume un ruolo di regia e coordinamento.

A fronte di queste opportunità, vanno però anche comprese le sfide che la diffusione del welfare aziendale solleva per il Terzo settore e il mondo della cooperazione. Le imprese sociali, abituate ad interfacciarsi e a lavorare con il Pubblico, si trovano ad interagire con imprese e soggetti privati dovendo ripensare la loro offerta di servizi e il loro ruolo. Per questo è necessario abbandonare la logica dell’essere meri fornitori per puntare a diventare dei veri e propri partner dentro relazioni (quando non vere e proprie reti) con il mondo profit e con la PA. Di conseguenza, diviene essenziale interrogarsi sulla dipendenza dalla committenza pubblica che molto spesso caratterizza il settore e che limita le opportunità di cogliere occasioni di sviluppo ed esplorare spazi di crescita imprenditoriale con una particolare attenzione all’innovazione.

Vi è poi la necessità di mediare tra l’interesse (e in alcuni casi la convenienza) ad entrare, sperimentando nuovi modelli di intervento, in un mercato potenzialmente redditizio come quello del welfare aziendale e la capacità di mantenere quelle qualità distintive che rappresentano il valore aggiunto della cooperazione. In questo caso, il rischio maggiore può essere quello espresso dal concetto di «mercatizzazione». Secondo il sociologo Giovanni Moro (2014) il riposizionamento del Terzo settore in base a nuove logiche, simili a quelle del mercato privato, potrebbe portare proprio ad una perdita di identità da parte del non profit e di quello spirito che caratterizza le attività degli ETS.

Le imprese sociali che stanno già operando nell’ambito del welfare aziendale sono riuscite a mantenere, e possibilmente anche a valorizzare, le peculiarità che le contraddistinguono rispetto al mondo for profit? Per questi soggetti il welfare aziendale ha rappresentato effettivamente una opportunità di ripensamento della loro capacità e struttura organizzativa innescando un processo di modernizzazione del settore non profit? Domande come queste sono ancora alla ricerca di risposte e meritano certamente approfondimenti empirici. La crisi innescata dalla pandemia Covid-19 sembra tuttavia fornire qualche prima risposta, restituendo l’immagine di un Terzo Settore – almeno quello che già prima si era sperimentato in questo mercato – che ha saputo prontamente reagire e mettere in campo soluzioni ai bisogni più urgenti, garantendo servizi alla persona più che mai necessari con una particolare attenzione ai componenti più fragili della società.

Il welfare territoriale ai tempi del Coronavirus e l’utilizzo delle piattaforme digitali: la risposta di CGM

Allo scopo di rispondere ai bisogni sociali che l’emergenza legata alla pandemia ha portato alla luce, il Gruppo Cooperativo CGM – insieme ad alcune delle sue associate e alla società di sviluppo software Moving – ha attivato portali digitali “territoriali” in grado di offrire servizi sociali dedicati alle diverse fasce della popolazione. Ne sono un esempio le piattaforme BiellaWelfare, MateraWelfare, SondrioWelfare, RhoWelfare e NapoliWelfare, rese operative tra marzo e aprile 2020 (e a cui Secondo Welfare ha dedicato anche una recente inchiesta su Corriere Buone Notizie).

Attraverso queste infrastrutture tecnologiche i cittadini possono scegliere tra un elenco articolato di misure e prestazioni in continuo aggiornamento. Sono disponibili, ad esempio, servizi di intrattenimento ludico-educativo e di tutoring on-line per la gestione dei compiti per i bambini più piccoli, servizi di supporto allo studio per gli alunni con DSA o BES, sedute di psicomotricità individuale, supporto ai genitori per consulenze sull’allattamento o per le cure necessarie nei primi mesi di vita dei neonati, servizi di assistenza domiciliare rivolti ad adulti con disabilità e anziani svolti da operatrici qualificate ASA, servizi di supporto psicologico rivolti ai caregiver che si occupano di pazienti con demenza o alzheimer.

Tutte queste prestazioni, messe a disposizione da cooperative e imprese sociali che operano nei territori coinvolti, sono state ideate o – se già operative – ridefinite allo scopo di rispondere alle esigenze determinate dall’emergenza Coronavirus. Inoltre sono state adattate le modalità di acquisto e di erogazione dei servizi per rispettare quanto stabilito dalle autorità e dai decreti ministeriali riguardanti il Covid-19. La qualità dei servizi è garantita e certificata dallaprassi tecnica sui servizi alla persona, di cui proprio il Gruppo Cooperativo CGM si è fatto promotore insieme all’UNI, Ente Nazionale di Normazione, nel mese di giugno 2019 (cfr. Tombari 2019). Infine, per far fronte ad una situazione che per molti è difficile anche dal punto di vista economico, il costo dei servizi può essere ridotto, per le fasce di reddito più basso, del 50% e in alcuni casi le prestazioni possono essere fornite a titolo gratuito. Questo è possibile perché le cooperative coinvolte sono a conoscenza delle situazioni più a rischio e delle famiglie con maggiori necessità.

Contestualmente il Gruppo Cooperativo CGM con il progetto “Cura Italia” ha sottoposto ad ANCI una proposta di accordo finalizzata a mettere a disposizione gratuitamente di tutti i Comuni italiani una piattaforma digitale in grado di erogare in modo semplice e tempestivo i buoni spesa destinati alle persone più fragili (previsti da un’ordinanza del Dipartimento della protezione Civile per far fronte al disagio economico determinato dall’emergenza Coronavirus). Lo scopo è quello di consentire agli enti locali una gestione facilitata delle risorse, permettendo loro di raccogliere on-line le domande dei cittadini, ottenere una puntuale verifica dei soggetti eleggibili e, di conseguenza, attivare in breve tempo i buoni spesa alimentari per i nuclei familiari realmente bisognosi.

La capacità di rispondere prontamente e in modo innovativo è dipesa anche in questo caso dall’implementazione di un’infrastruttura tecnologica – una pre-esistente piattaforma digitale di welfare aziendale – in grado di essere adattata per fronteggiare anche i bisogni legati alla pandemia dei differenti territori in cui CGM opera. Si tratta di un “portale” nato per sostenere le imprese che volevano dar vita a piani di welfare aziendale per i propri collaboratori ma, a seguito dell’emergenza, le finalità e le funzioni della piattaforma sono state modificate per fornire soluzioni efficaci anche in un momento di difficoltà come quello attuale. Tutto questo mette in evidenza la centralità e la rilevanza che lo strumento digitale – che “veicola” i servizi alla persona – può avere nel processo di innovazione e riorganizzazione che vede coinvolti i soggetti del Terzo settore che operano in ambito sociale.

Considerazioni conclusive

Il mercato del welfare aziendale, prima della crisi Covid-19, stava sempre più rappresentando un’opportunità di sviluppo per il Terzo settore. Sempre più consorzi e imprese sociali avevano iniziato ad operare in questo ambito e molte realtà non si sono fatte trovare impreparate di fronte all’emergenza. Questa tempestività potrà rivelarsi cruciale per reinterpretare l’offerta di servizi di welfare e promuovere un percorso di innovazione digitale e tecnologica – ma anche di capacity building – in grado di dar vita a nuovi prodotti e processi. E sarà probabilmente destinata anche ad accrescere ulteriormente la capacità di ridefinire i modelli di intervento e produzione di servizi e di avviare nuove forme di interlocuzione con il mondo profit. Infine, possiamo attenderci che contribuisca alla territorializzazione del welfare e, quindi, alla creazione di un circuito virtuoso in grado di coinvolgere tutti, pubblico e privato, dalle imprese ai lavoratori, dagli enti locali agli enti non profit e ai cittadini.


Per approfondire

Bruni L. e Zamagni S. (2015), L’economia civile. Un’altra idea di mercato, Bologna, Il Mulino.
Maino F., Barazzetta E. e Santoni V. (2019), L’esperienza del Gruppo Cooperativo CGM e il posizionamento nel mercato del welfare aziendale, in M. Tombari (a cura di), Pubblico, territoriale e aziendale. Il welfare del gruppo cooperativo CGM, ESTE Edizioni, Milano, pp. 77-105.
Moro G. (2014), Contro il non profit, Roma-Bari, Laterza.
Razetti F. e Santoni V. (2019), Il mercato del welfare aziendale. L’intermediazione e il ruolo dei provider, in F. Maino e M. Ferrera (a cura di), Nuove alleanze per un welfare che cambia. Quarto rapporto sul secondo welfare, Giappichelli Editore, Torino, pp. 119-152.
Pavolini E. (a cura di) (2016), Welfare aziendale e conciliazione. Proposte e esperienze dal mondo cooperativo, Bologna, Il Mulino.
Tombari M. (a cura di) (2019), Pubblico, territoriale e aziendale. Il welfare del gruppo cooperativo CGM, ESTE Edizioni, Milano.
Zamagni S. (2007), L’economia del bene comune, Roma, Città Nuova.

*Il seguente articolo è stato pubblicato su Secondowelfare.it, il 17 giugno 2020

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