Bonus famiglia: tutti gli aggiornamenti definiti dalla Legge di Bilancio 2018

da Gen 10, 2018Rassegna Stampa

di Elena Barazzetta*

La Legge di Bilancio 2018 ha definito l’insieme dei bonus famiglia richiedibili nell’anno appena iniziato. Si tratta sostanzialmente di una conferma di gran parte delle misure già introdotte negli ultimi anni, che sono state semplicemente prorogate e non stabilizzate come molti speravano. Ancora una volta, dunque, le famiglie si trovano in balia di misure una tantumin attesa di riforme strutturali che le sostengano realmente.


Bonus bebé prorogato, ma solo per un anno

Il Bonus bebè, l’agevolazione riservata ai neo genitori che hanno un nuovo figlio o che adottano, o prendono in affido, un minore, è stato prorogato ma solo per i nuovi nati o adottati nel 2018 e solo per un anno (non più per tre). Davvero poca cosa se si considera che fino all’anno scorso l’idea era di raddoppiare il bonus sia negli importi sia nella durata, fino ai 5 anni di età del bambino. Per quest’anno dunque le condizioni di ammissibilità e gli importi restano quelle degli anni precedenti.

Possono farne richiesta, tramite l’Inps, le cittadine italiane, le cittadine di uno Stato membro dell’Unione Europea e le cittadine Extracomunitarie munite di regolare permesso di soggiorno.

Per le famiglie che hanno un reddito ISEE entro i 25.000 euro annui, il contributo economico è pari a 80 euro al mese. Per chi ha un reddito ISEE pari o inferiore a 7.000 euro, l’importo bonus bebè è di 160 euro al mese.


Confermati i bonus mamme domani, baby sitter e asilo nido

La Legge di Bilancio non ha previsto nuove misure di conciliazione ma ha riconfermato alcuni bonus introdotti con provvedimenti legislativi precedenti:

  • Bonus mamme domani 2018: contributo da 800 euro una tantum, a prescindere dal reddito della futura mamma. Il bonus è previsto per le donne che avranno un figlio (anche adottato o in affido) o che entrano al 7° mese di gravidanza nel 2018. Introdotto per la prima volta in Italia con la Legge di Bilancio 2017, è diventato operativo, e quindi richiedibile, dal 17 luglio scorso. È un “premio” che il Governo ha voluto introdurre al fine di aiutare la futura mamma nelle spese di esami e diagnostica e le spese per il bambino, subito dopo la nascita.
  • Voucher baby sitter 2018: contributo mensile per pagare la baby sitter nel caso in cui la neo mamma, dopo il periodo di maternità, rinunci al congedo parentale. L’importo del contributo è erogato per un periodo massimo di 6 mesi, che scendono a 3 se la mamma è iscritta alla gestione separata o autonoma non subordinata. Per ogni mese di rinuncia al congedo parentale spettano quindi 600 euro. La stessa agevolazione è riconosciuta anche alle mamme lavoratrici part time, ma in misura riproporzionata all’orario ridotto da contratto.
  • Buono asilo nido 2018: voucher fino a 1.000 euro all’anno per 3 anni, da utilizzare per pagare la retta dell’asilo nido, pubblico o privato, indipendentemente dal reddito ISEE della famiglia. L’importo massimo rimborsabile è di 1.000 euro su un totale di 11 mensilità, per un importo mensile di 90,91€. Il contributo viene erogato su base annua per massimo tre anni di iscrizione al nido. Possono presentare la domanda anche i genitori di bambini con meno di 3 anni che non possono frequentare gli asili perché affetti da gravi patologie croniche, in questo caso l’utilizzo delle risorse è previsto come sostegno alle cure domiciliari.

Assegno di maternità dello Stato

Tra i bonus destinati alla famiglia si segnala inoltre l’assegno maternità dello Stato, un’agevolazione rivolta alle mamme lavoratrici o precarie garantito per un massimo di 5 mesi. L’importo dell’assegno viene rivalutato annualmente dall’INPS: per il 2017 è stato pari a 338,89 euro mensili. Requisito fondamentale per avere diritto all’assegno è di essere residenti in Italia ed essere cittadini italiani, comunitari o extracomunitari con permesso di soggiorno CE.
Per fare richiesta è necessario essere:

  • Mamme lavoratrici con 3 mesi di contributi per maternità, nel periodo compreso tra i 18 ed i 9 mesi precedenti alla data del parto o all’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato;
  • Mamme licenziate o dimesse con 3 mesi di contribuzione maternità versata nel periodo compreso tra i 18 ed i 9 mesi precedenti la data del parto o di ingresso in famiglia;
  • Mamma lavoratrice in disoccupazione NASPI, mobilità o in cassa integrazione, a condizione che tra l’ultimo giorno della prestazione economica fruita e la data del parto (o l’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato) non siano trascorsi più di 9 mesi;
  • Mamme in gestione separata con 3 mesi di contributi versati nei 12 mesi precedenti l’inizio del congedo obbligatorio ordinario, ossia, dall’ottavo mese di gravidanza o maternità anticipata in caso per esempio di gravidanza a rischio.

Assegno maternità del Comune

L’Assegno di maternità Comune 2018 è un contributo che spetta in caso di gravidanza alle mamme disoccupate e casalinghe. Nel 2017 l’importo è stato pari a 338,89 euro al mese per 3 mesi.

La domanda va presentata al Comune di residenza entro 6 mesi dalla nascita del bimbo o dall’entrata in famiglia del minore qualora adottato o in affido.
L’assegno spetta a madri disoccupate o casalinghe che non possono far valere i 3 mesi di contribuzione INPS versati alla maternità negli ultimi 18 mesi. Inoltre, per avere diritto all’assegno maternità dei Comuni, la mamma deve avere un ISEE non superiore a 16.995,95 euro, non ricevere altre prestazioni previdenziali o altro assegno maternità INPS.

Oltre la Legge di Bilancio: il welfare aziendale per la famiglia

Accanto alle misure confermate dalla Legge di Bilancio 2018 occorre segnalare come nei mesi scorsi siano state introdotte due iniziative, che entreranno a regime proprio nel corso di quest’anno, che mirano a rendere le imprese private sempre più protagoniste di azioni rivolte alle famiglie attraverso il welfare aziendale.

Come già segnalato, lo scorso 14 settembre è stato firmato il decreto del Ministero del Lavoro e del MEF che riconosce sgravi contributivi alle imprese del settore privato che prevedono istituti di conciliazione tra vita professionale e privata nei contratti aziendali. Si tratta dell’attuazione in via sperimentale di una misura già prevista dal D. Lgs. 80/2015. Tra le iniziative previste l’area genitorialità prevede:

  • estensione del congedo di paternità, con previsione della relativa indennità;
  • estensione del congedo parentale, in termini temporali e/o integrazione della relativa indennità;
  • previsione di nidi d’infanzia / Asili nido / Spazi ludico-ricreativi aziendali o interaziendali;
  • percorsi formativi (e-learning / coaching) per favorire il rientro dal congedo di maternità;
  • buoni per l’acquisto di servizi di baby sitting.

In secondo luogo, la riforma 0-6 della Buona Scuola, i cui decreti attuativi sono stati approvati nel 2017 (ne abbiamo parlato qui), ha previsto il bonus nido da 150 euro, un’agevolazione riservata alle famiglie dei lavoratori che iscrivono il proprio bambino all’asilo nido. Il “Buono nido” non è un istituto che appartiene al sistema di welfare statale, obbligatorio per tutti i cittadini che si trovino in determinate condizioni (come accade per i bonus descritti più sopra), ma è un bonus che rientra nel campo del welfare aziendale, e che verrà dunque introdotto, una volta approvati i decreti operativi, sulla base della contrattazione collettiva nazionale o integrativa aziendale.

In base a quanto attualmente previsto, le aziende pubbliche e private potranno erogare il buono alle lavoratrici e ai lavoratori che hanno figli in età compresa fra i tre mesi e i tre anni, che potranno spenderlo nel sistema dei nidi accreditati o a gestione comunale. Tale buono non prevede oneri fiscali o previdenziali a carico del datore di lavoro, pubblico o privato, né del lavoratore, purché il voucher sia entro la soglia limite dei 150 euro al mese.

Per conoscere tutti i dettagli occorrerà però attendere l’emanazione dei decreti operativi che dovranno stabilire: la soglia massima di partecipazione economica delle famiglie alle spese di funzionamento degli asili pubblici e di quelli privati che ricevono finanziamenti pubblici; la compatibilità o meno con il bonus nido da 1.000 euro; la possibilità che il bonus nido possa essere riconosciuto ad entrambi i genitori che così avrebbero il raddoppio del buono a 300 euro.

La delega 0-6 prevede, inoltre, anche la possibilità per gli enti locali di introdurre tariffe agevolate per asili nidi e scuole dell’infanzia sulla base dell’Indicatore ISEE fino ad arrivare, per le famiglie disagio economico-sociale, all’esenzione totale dalla retta.

Fattore Famiglia: la riforma strutturale che manca

Di fisco a misura di famiglia si parla ormai da diversi decenni. In questa direzione va la proposta avanzata da tempo del cosiddetto “Fattore Famiglia”, un indicatore per le politiche sociali che non solo tiene conto delle situazioni reddituali e patrimoniali ma anche del numero di figli e dei carichi di cura. In poche parole uno strumento valutativo più equo. Si pensi che oggi, ad esempio, l’Irpef si calcola su base individuale, pertanto un padre di famiglia viene tassato come un single.

A livello nazionale la discussione sembra essersi arenata ormai da tempo, mentre a livello regionale negli ultimi anni si è mosso qualcosa. Nel marzo 2017, ad esempio, la Regione Lombardia ha approvato il proprio Fattore Famiglia (ne abbiamo parlato qui), ma ad oggi non sono stati emanati i decreti attuativi necessari, anche a causa di modifiche rese necessarie da segnalazioni del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali circa interferenze con i criteri di computo dell’ISEE.

Come segnalato da Gigi De Palo, presidente del Forum delle Associazioni Famigliari e membro del Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, il Fattore Famiglia, a regime, costerebbe fra i 14 e i 16 miliardi. Razionalizzando però i vari bonus e agevolazioni esistenti sarebbe comunque possibile raccogliere una cifra che permetterebbe di avviare un processo strutturale che possa aiutare in maniera continuativa le famiglie e incidere sul tasso di natalità del nostro Paese, che ad oggi è uno dei più bassi d’Europa. Cosa che i bonus una tantum finora non sono stati certamente in grado di fare.

 

*Il seguente articolo è stato pubblicato su Secondowelfare.it, il 5 gennaio 2018

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